Capita che le nazioni per definizione ritenute più arretrate diano lezioni ai cosiddetti paesi sviluppati e forse non è un caso che accada proprio su argomenti riguardanti gli animali.

Così l'India ha deciso di vietare l'importazione del patè de fois gras, che si ottiene con il fegato enormemente ingrossato di oche ingozzate mentre sono immobilizzate in gabbie che non le lasciano muovere (un miglioramento perchè fino a poco tempo fa si inchiodavano i piedi ad assi di legno!).

Certo qualcuno sosterrà che l'India in questo modo riduce (in una piccola parte) l'esborso economico per l'importazione di tale cibo, però è molto significativa la lezione che arriva nel campo del riconoscimento dei diritti animali. Dimostra che i problemi sociali di vario tipo si possono (si devono) affrontare senza dimenticare il rispetto per gli altri esseri viventi presenti sul pianeta. Mentre ci si occupa delle violenze degli stupri e delle uccisioni delle ragazze, in India, si è trovato il tempo di pensare anche alle oche, della Francia, soprattutto. Quando si vuole decidere, si trova modo di farlo. Invece nelle nostre regioni evolute e “ricche”, sicuramente un tempo forse oggi un poco meno, i parlamenti hanno difficoltà a trovare il momento giusto per deliberare riguardo agli animali. Senza dimenticare che la civilissima Francia, che è sempre pronta a dare consigli, e comminare condanne, sui temi dei diritti civili umani, è al contrario in prima fila nel negare scelte destinate a migliorare la vita degli animali. Ancora di più quando c'è in ballo l'orgoglio e il prestigio di un alimento considerato una vera e propria specialità nazionale.

Si deve doverosamente aggiungere che il divieto non risparmia solo le sofferenze delle oche, ma è pure una misura a favore della salute umana: il patè è un cibo ricchissimo di grasso animale, il più pericoloso e nefasto per la facilità con cui si accumula nelle arterie favorendone la progressiva chiusura causa di facili infarti o ictus.

Insomma molti paesi progrediti si dimostrano al contrario arretrati e nel lasciare proseguire pratiche di allevamento che fanno soffrire gli animali non tutelano neppure la salute umana.