Il summit di Johannesburg si è chiuso con poche speranze per gli ambientalisti. Se Rio poteva aver lanciato un segnale di attenzione del mondo produttivo e politico per le tematiche ambientali e socio ambientali l’ultimo  vertice denuncia un arretramento preoccupante. Il dato politico reale è che gli accordi già sottoscritti possono essere rinegoziati in peggio riducendo gli impegni che si erano assunti. Neppure la sottoscrizione del protocollo di Kyoto da parte di Russia  e Cina rappresenta un esito particolarmente felice in quanto poteva essere adottato in qualsiasi altro momento e il fatto che lo si sia annunciato a Johannesburg significa solamente che si è trattato di una scelta apposita per non chiudere il vertice senza nessun risultato positivo.

Per questo non si può dire che il summit abbia creato le basi per un futuro sostenibile in quanto gli elementi fondamentali, dall’accesso gratuito all’acqua per i poveri alle priorità politiche della difesa dell’ambiente, la tutela della biodiversità, l’accettazione del principio di precauzione sono stati tutti formulati in maniera poco chiara e senza prevedere periodi certi per il loro raggiungimento.

Le proposte della parte politica non hanno raggiunto i vertici che gestivano le trattative. I partiti le Ong le associazioni della società civile, in modi diversi, sono stati ignorati e non hanno potuto interloquire con le delegazioni trattanti. La delegazione italiana veniva informata quotidianamente sullo stato delle trattative dall’ambasciatore Astrali e dal Prof. Clini, che appunto svolgevano le trattative sulla base delle istruzioni fornite loro dal governo italiano. Le proposte dei verdi erano chiaramente quelle della garanzia di un quantitativo gratuito di acqua per i popoli più poveri, della definizione della difesa della biodiversità da raggiungere mettendo fine alla perdita delle specie, indicandolo in maniera precisa, che si doveva mantenere il controllo politico sulle dinamiche di sviluppo ponendo al primo posto la difesa dell’ambiente. Inoltre la riaffermazione del principio di precauzione. Come si vede sono tutti obiettivi che non sono stati raggiunti in maniera soddisfacente.

Il summit si svolgeva in tre sedi, di cui una, l’ICLEI era riservata agli amministratori locali. Questi però erano un poco isolati dalle altre sedi, per le quali non avevano neanche l’accredito. Lo scambio tra gli enti locali è stato molto attivo e moltissime realtà locali hanno portato i progetti e le loro realizzazioni ad esempio erano ben rappresentate le regioni Emilia Romagna e Toscana e la provincia di Torino. Il quadro che si è delineato è l’impegno degli enti locali sull’agenda 21 ma nello stesso tempo si è dovuto verificare che il solo lavoro locale non è sufficiente ad indirizzare le politiche generali o nazionali. Nel futuro si dovrà continuare nell’impegno locale cercando però di farlo diventare più incisivo su scala nazionale in tutti i paesi.