Nella quantità di notizie e informazioni che quotidianamente investono i cittadini si sa bene che quelle scomode e pericolose, che però richiedono un approfondimento per essere veramente recepite, possono tranquillamente circolare purché soffocate dalle banalità e dall’indifferenza.

La loro evoluzione è standardizzata; dopo il primo annuncio vengono abbandonate e dimenticate.

Così è successo per la notizia, ben presto uscita di scena, delle problematiche ambientali causate dagli allevamenti intensivi per quanto riguarda il consumo di risorse e l’inquinamento. Siamo o no ciechi e sordi se non vediamo e non ascoltiamo neppure gli allarmi che provengono da organismi internazionali come la Fao, che non è certo un ente irriducibilmente estremista.

L’allarme della Fao è semplice: usando le terre coltivabili nella produzione di mais e altri vegetali da utilizzare non già come cibo per le persone ma per ricavarne combustibili, si provoca  irrimediabilmente una aumento esponenziale del costo delle materie prime alimentari, perchè diventano scarse e la legge del mercato, sempre valida, vuole che a scarsità corrisponda un aumento del prezzo. Queste considerazioni le aveva già fatte Fidel Castro, al tempo dell’accordo tra Bush e Lula per la produzione di agrocombustibili da vegetali.

La notizia attuale che aggrava il quadro complessivo è la comunicazione della Fao di non poter più sostenere nel futuro tutti i suoi programmi di aiuti alimentari per i paesi poveri perché l’aumento dei prezzi rende più difficile mantenere gli stessi quantitativi di alimenti distribuiti. Ciò significa aumentare il numero potenziale di vittime per fame nel mondo.

Siamo o no ciechi e sordi se non solo non ascoltiamo il messaggio attuale ma non ricordiamo neppure che già da tempo, in molti, hanno detto che produrre vegetali avrebbe inevitabilmente generato le conseguenze che si stanno effettivamente verificando.

E naturalmente lo stesso esito, negativo, hanno avuto le denunce dello stesso ente quando, poco tempo fa, si erano richiamati i problemi degli allevamenti intensivi, presentando i dati che dimostrano come l’allevamento del bestiame produca più gas serra dei trasporti o che inquini le falde acquifere con gli effluenti.

Siamo o ciechi e sordi se oltre a non considerare  gli allarmi della Fao non riusciamo neppure a fare le somme che i due effetti negativi produrranno, con gli animali che consumano metà dei cereali prodotti nel mondo e servono di cibo sono per meno di un miliardo e mezzo di persone. Già mettevano alla fame quasi due miliardi di persone privandole di cereali, che utilizziamo per nutrire gli animali che servono alle popolazioni di maggior reddito che vivono del mondo, ma adesso peggioriamo la situazione utilizzando parte dei cereali per “dar da bere” alle automobili.

Così il primo mondo, quella parte di popolazione che più consuma, variamente distribuita in quasi tutte le nazioni del mondo, senza troppi rimorsi si avvia a danneggiare sempre di più le popolazioni più povere prendendo per sé la maggior parte degli alimenti prodotti, o per darli agli animali allevati per cibarsene o per far viaggiare le proprie automobili, sempre più grandi e assetate. Quasi inutile ricordare che quei popoli che danneggiamo, oltre a vivere in capanne e bidonvilles, oltre a non usufruire di acqua corrente nelle proprie abitazioni, non hanno certo carne da mangiare e neppure automobili da far camminare, ma solo bocche da sfamare che rimangono tragicamente vuote.