Mentre allegramente balliamo sul Titanic, stiamo conducendo il pianeta verso la rovina.

L'estate che sta finendo è stata la seconda delle più calda degli ultimi 200 anni  e se anche alcuni ricercatori affermano che i fenomeni che stiamo vivendo si siano già presentati in epoca pre industriale, tuttavia una riflessione generale è bene farla. L'estate è stata caratterizzata da un forte aumento della siccità che ha portato ad un crollo della produzione agricola con grave rischio per molte persone (si calcola che circa un miliardo soffra la fame e due miliardi siano fortemente sottoalimentati)  di non avere cibo a sufficienza per scarsità o prezzi inaccessibili, data la penuria.

A conferma dello stato di crisi arrivano i dati ufficiali: quest'anno si è avuta una diminuzione dell'area coperta dai ghiacciai di circa 70mila chilometri quadrati, inferiore al record negativo del 2007. Tutte le estati parte del ghiaccio si fonde – e alimenta i corsi d'acqua – per poi ricostituirsi in inverno; se fa più caldo la diminuzione sarà più vasta. Quest'anno la superficie rimasta coperta è pari a 4,1 milioni di chilometri quadrati, che sono ancora tanti, qualcuno penserà, ma non  è proprio così, infatti continuando con questo trend nel 2050 l'Artico potrebbe essere privo di ghiacci e navigabile ma estati senza ghiaccio in molte parti del pianeta potrebbero già presentarsi negli anni a venire.

Forse è di un qualche interesse che la sosta nell'erosione dei ghiacciai, verificata nel periodo 2007/12, potrebbe essere legata alla crisi economica che ha inciso anche sulla produttività e di conseguenza sulle emissioni dei gas ad effetto serra. Con lo stabilizzarsi della crisi a livello mondiale sono riprese le  attività industriali e con esse le emissioni.

Molti elementi concorrono a sottolineare la gravità della situazione ambientale che il nostro stile di vita sta creando, però siamo più interessati allo spread che alle condizioni in cui riduciamo il pianeta su cui viviamo.