Uno, due tre e quattro… la cantilena per adesso si ferma qui, perché tanti sono i grattacieli che dovrebbero sorgere nella città.

La discussione è aperta anche se, come quasi sempre nelle vicende ambientali, è disuguale; vi partecipano gli ambientalisti, pochi, e i politici, già di più, mentre la più parte dei cittadini, come d’uso in questi tempi, se ne disinteressa.

I grattacieli sono nati, come molte altre novità, per la congiunzione di più elementi: il perfezionamento della tecnica costruttiva (lo scheletro in metallo) e dell’ascensore (indispensabile) e sono diventati subito l’espressione della forza economica di chi li costruiva e perciò simboli principali del capitalismo trionfante.

Naturalmente hanno generato una corsa al confronto: maggiore altezza del concorrente equivaleva a maggior potenza economica.

Sono in un certo qual modo un simbolo della società attuale nella quale convivono i super ricchi e i miserabili che frugano nella pattumiere di notte o all’alba, così in una società che non ha  risolto il problema della casa decorosa per tutti si può pensare di sperperare risorse in strutture dispendiose e di pura apparenza.

 

Come ricorda Thierry Paquot ( La torre di domani sarà certo più alta -  Le Monde Diplomatique marzo 08) “La torre non è la risposta all'alloggio della maggioranza delle persone: è costosa, le tasse rappresentano un secondo affitto - ciò spiega perché sia riservata ad abitazioni di lusso - non possiede alcuno spazio pubblico, la vita ruota intorno all'ascensore, la consegna a domicilio, l'isolamento dalla città «reale». Essa è un vicolo cieco in altezza, come la definisce Paul Virilio, in Città panico (Raffaello Cortina, 2004).

Quanto agli uffici, non è ancora un fenomeno ben conosciuto l'assenteismo causato dall'internamento in un universo dominato dall'aria condizionata ma abbondano le testimonianze relative ad angine e altre patologie respiratorie. Dopo l'attentato dell'11 settembre 2001, gli impiegati delle imprese del World Trade Center sono stati trasferiti in edifici più piccoli: oggi, soddisfatti dei nuovi ambienti, rimpiangono solo l'atmosfera di Manhattan.

Eppure in tutto il mondo è in atto una gara a chi costruisce la torre più alta, sulla scia di quanto avveniva già da tempo, se si ricorda che  Le Corbusier avrebbe voluto a Parigi una torre di 2.000 metri mentre si sa che architetti giapponesi hanno lavorato al progetto di una torre di 4 km d'altezza!”

 

Gli aspetti critici che sollevano gli ambientalisti, e sui quali chiedono di discutere, sono molteplici: dall’abbassamento del suolo rilevato vicino a questi edifici, al fatto che le torri sono energivore nella fabbricazione, perché necessitano di vetri e acciai speciali,  e nella manutenzione (aria condizionata, consumo elettrico degli ascensori, illuminazione interna continua), anche se si utilizzano fonti alternative.

Però architetti vogliosi di operare non mancano di pungolare l’orgoglio di politici ambiziosi che pensano di legare il loro nome ad un moderno mecenatismo e ascoltano gongolanti, e sognanti le sirene che dicono che la torre risolve la questione fondiaria (questo è vero, in parte), accresce la densità (questo non è dimostrato), economizza l'energia (i dati sono contraddittori), e partecipa allo spirito della città (questo non è sempre evidente), ecc.

 

Spiegano che, come a Torino, i progetti prevedono spazi verdi e luoghi pubblici, si integrano alla periferia vicina. Tuttavia non spiegano che la torre conserva una monofunzionalità verticale, può alterare il soleggiamento del quartiere in cui è inserita e può avere effetto di accelerazione sui venti.

Anche l’inserimento urbanistico con le costruzioni preesistenti è un problema e ne può risentire negativamente tutti il quartiere circostante, nei nuovi rapporti che si creano con le strade, le altre case, ecc.

 

Il problema come si può vedere è  complesso; le voci contrarie non si possono relegare ad una semplice querelle tra chi vuole il nuovo e chi rimane ancorato ad una vecchia idea di città. Invece di progettare edifici che si arrampicano nel cielo, che di fatto stravolgono la tradizione urbanistica di una città come Torino, perché non ci si cimenta con costruzioni che rispondano alla prima domanda dei cittadini di avere case confortevoli ed ecologiche, accessibili anche economicamente e che favorisca la crescita dei rapporti sociali, e dare vita ad una città più giusta e vivibile?

Da sempre la torre è stata simbolo di inaccessibilità e ostilità, non saranno gli ascensori che ne cambiano il destino e i cittadini a questi argomenti dovrebbero pensare e chiedere di discutere con gli amministratori pubblici, a meno che non si sia già perduta la battaglia per una convivenza diversa e ognuno di noi, molti se non tutti, vivano già nella loro torre personale impermeabile agli altri.

 

Gli amministratori di Torino forse sì.